sabato 28 aprile 2007

Sarkozy- Royal. Quale politica per la ricerca francese?


Di seguito, sono riportati i link per accedere ad una lunga intervista apparsa sulla rivista Nature ai candidati alle elezioni presidenziali francesi riguardante i possibili sviluppi futuri della ricerca francese in caso di elezione all'Eliseo.

Versione inglese:

www.nature.com/nature/journal/v446/n7138/extref/446847a-s2.pdf

Versione francese:

www.nature.com/nature/journal/v446/n7138/extref/446847a-s1.pdf



Sarkozy-Royal. Quelle politique pour la recherche française?


Ici, vous trouvez les liens à une longue interview, apparue sur le magazine Nature, aux candidats à la présidentielle française concernant les développements futures de la recherche française en cas d'élection à l'Elysée.

Version anglaise:

www.nature.com/nature/journal/v446/n7138/extref/446847a-s2.pdf

Version française:

Gli immigrati. Quale integrazione?


Gli scontri tra forze dell'ordine ed immigrati cinesi a Milano hanno riproposto con violenza il tema dell'immigrazione e dell'integrazione.
Si sono ascoltate e lette dichiarazioni cariche di aggressività e rabbia da parte di italiani che non hanno fatto altro che riproporre il solito
refrain: “questa è gente che non vuole imparare la nostra lingua, non vuole condividere i nostri usi e costumi, non vuole accettare quelli che sono i nostri valori, non vuole, in altre parole, integrarsi”.
Naturalmente, l'episodio è stato strumentalizzato da frange della destra xenofoba per dare risonanza alle bieche richieste razziste di cui si fanno portatrici.
Faccio fatica però a far scorrere parallelamente i temi dell'immigrazione e dell'integrazione; almeno sino a quando mi si obbliga a vedere il secondo come una condizione necessaria per una completa e sincera accettazione dello straniero.
Quando si afferma che gli immigrati non si integrano, si vuole generalmente intendere che essi preferiscono vivere racchiusi nella loro “comunità”, senza alcuno sforzo nel cercare di intrecciare relazioni con l'esterno, e quindi con la società del Paese che li ospita, senza rispetto per le usanze locali, attentando continuamente, almeno è questo quanto si lascia trasparire, ai “valori” che contraddistinguono il nostro Paese.
L'integrazione è un'operazione che richiede almeno due operatori. Quale debba essere il secondo, se non le persone che costituiscono la collettività, ossia noi Italiani, rimane alquanto incerto a sentire la maggioranza degli interpellati. Sembrerebbe quasi che passi avanti a favore dell'integrazione possano essere compiuti senza che da parte nostra vi sia una sincera, profonda e quotidiana apertura verso gli immigrati. Ciò vuol dire semplicemente smetterla di vedere ogni immigrato come un attentatore del nostro vivere quotidiano ed usurpatore della nostra identità e dei nostri valori.
Credo sia estremamente arduo discutere di “valori” fondanti per la piega profondamente soggettiva che spesso può risultarne. Ma risulta ancora più difficile parlarne al fine di identificare regole cui tutti gli immigrati debbano attenersi. Quelli che sono i nostri “valori”, è ciò che è trascritto nei nostri codici, nelle leggi della Repubblica. E' a quelli e solo quelli cui possiamo e dobbiamo appellarci. Ma questo è ugualmente vero tanto per gli stranieri che per gli italiani, senza alcuna differenza di sorta.
Lo Stato non può obbligare nessuno ad integrarsi.
Ciascuno di noi ha la libertà di condurre una vita che risponda alle proprie prerogative, nel più assoluto rispetto delle libertà altrui, senza che si sia in nessun modo obbligati a tessere legami che non si desidera coltivare. I limiti in tutti gli atteggiamenti atti al conseguimento del nostro benessere materiale e morale, sia esso contraddistinto da un'integrazione nella società più o meno accentuata o addirittura inesistente, sono fissati soltanto dalle leggi che la nostra Repubblica si è decisa e decide di darsi.
Cosa dovrebbero fare gli immigrati affinché si possa constatare la loro avvenuta “integrazione”? Qualcuno, tra coloro sempre pronti ad alzare la voce, potrebbe cortesemente spiegarci cosa voglia davvero dire “integrazione”, e come si possa essa misurare? Queste persone sono davvero certe, a loro volta, di essere integrate? Credono di esserlo semplicemente perché parlano una lingua comune o perché condividono, almeno in linea di principio, gli stessi valori? Non credo che tale metro possa davvero essere utilizzato. In Italia, esistono regioni dove grosse fette della popolazione non condividono né una lingua né valori comuni.
Il rispetto delle leggi è la sola cosa che lo Stato può e deve chiedere, senza alcuna deroga, tanto agli immigrati quanto ai nostri concittadini. Senza che si creino intere regioni, come accade oggigiorno, dove il rispetto delle leggi sia considerato un mero optional di cui sbarazzarsi a piacimento, e che risulti addirittura svantaggioso per chi decida di vivere nel pieno rispetto dello Stato.
La comunità cinese, così come ogni altra comunità straniera, ha tutto il diritto di vivere nella propria comunità, farla crescere e prosperare purché tutto ciò avvenga nel più assoluto rispetto delle leggi della Repubblica. Che si tratti del carico e dello scarico delle merci in strada, del rispetto delle norme igieniche e sanitarie, del rispetto delle norme condominiali.
Se lo Stato non può obbligare nessuno ad integrarsi, nondimeno ha l'interesse, ed in alcuni casi l'obbligo morale, di mettere a punto tutta una serie di strumenti capaci di rendere l'inserimento degli immigrati il più possibile semplice e meno traumatico. Come accade in vari Paesi, corsi di lingua potrebbero essere organizzati in modo da aiutare ad abbattere la barriera linguistica. Cosa quest'ultima che significa anche dare dei mezzi perché l'immigrato possa a sua volta proteggersi meglio. Nei quartieri cosiddetti a rischio, creare piccole strutture che costituiscano un tramite tra l'amministrazione centrale e le periferie e capaci di organizzare, soprattutto per i giovani, eventi che permettano un sereno e proficuo scambio culturale.
Tutto questo per persone che nella stragrande maggioranza dei casi decidono di abbandonare la propria terra natale non per spirito di avventura ma per sfuggire alla miseria.
In molte città sparse in tutto il mondo, si sono costituite, oramai da decenni, più o meno grandi comunità di immigrati che hanno contribuito allo sviluppo economico se non persino culturale della collettività tutta. Tutti, Italiani compresi, hanno dovuto affrontare la diffidenza ed il confronto, spesso violento, con realtà per loro assolutamente nuove ma che rappresentavano, almeno nel loro immaginario, la sola possibilità di sopravvivenza. Tutti sono stati accolti ed apostrofati con gli stessi epiteti ascoltati qualche giorno fa in occasione degli scontri di Milano. Eppure, sono riusciti nel corso dei decenni, faticosamente ed a prezzi altissimi, a conquistare la fiducia dei loro nuovi connazionali.
Il sereno vivere civile si basa sul rispetto delle leggi della Repubblica e sul confronto aperto e senza pregiudizi tra le persone, siano esse italiane o meno. Se davvero vogliamo che gli immigrati si integrino, qualunque cosa ciò possa voler dire, chiediamo loro, semplicemente ma con fermezza, di rispettare le leggi del nostro Stato, così come lo chiederemmo ad un qualsiasi altro cittadino italiano.

lunedì 9 aprile 2007

La présidentielle vue de l'Italie...ou mieux, par un italien heureusement exilé en Europe.


Me voilà, confortablement assis dans mon fauteuil, pas aussi confortable que ça à vrai dire, prêt à suivre cette course à l'Elysée. Je me regarde autour, je jette un dernier coup d'oeil à la carte de l'Europe qui trône dans mon studio et qui m'accompagne toujours dans mes rêves. Tout est prêt, l'arbitre siffle, le spectacle commence.
Je sirote mon jus d'orange, comme d'habitude, et j'ai l'eau à la bouche pour ce qu'il m'attend, rien de moins, je le répète, que les élections présidentielles françaises. Je me dis que dans le Pays qui a vu naître l'Illuminisme, la Patrie de Voltaire, il ne peux pas ne pas être beau. On ne peux pas ne pas s'attendre à des discours de haute politique, des discours sur les principes qui devraient gouverner un pays, qui devraient indiquer la grande route, la longue de laquelle bouger, mais surtout grâce auxquelles pousser les gens à imaginer un pays différent, un future moins terne pour soi même, mais surtout pour les générations qui viendront. Je sais, je suis un peu utopique, mais cependant, je crois encore que la politique est un art très noble et qui peut vraiment aider les gens à mieux vivre, à les aider dans le concret, même si cet art peut apparaître parfois abstrait.
Après ce détournement un peu philosophique, je retourne à mon jus, et je commence à observer de près les bizarres animaux qui peuplent le panorama politique français. Je me rapproche de plus en plus de la télévision pour mieux les étudier et surtout les écouter. Je cogne contre la vitre, je faux de faire tomber la télé, je commence à m'agiter, une irrésistible sensation de malaise diffus m'assaille, je transpire profusément. Puis sans force, je tombe sur le lit...épuisé. Après quelques minutes à peine, je suis à nouveau debout, avec mon front encore trempé de sueur, mais heureux. Je venais juste d'avoir un cauchemar terrible. Je voulais suivre les débats politiques français, mais je n'avais que les chaînes nationales italiennes avec les cortèges de soi disant hommes politiques que, moi, je connais très bien et dont je peux bien m'en passer, du moins ce soir la. Tout heureux de mon réveil, je me remets devant la télévision, et du coup le même malaise m'assaille. Ce n'est pas les chaînes italiennes, ni la télévision qui ne marche pas bien. Loin de tout cela. Ce qui ne marche pas est de l'autre coté de la vitre, c'est de l'autre coté que la transformation a eu lieux. Aussi en France, croyez moi bien, mes amis, la classe politique s'est berlusconisée...et le correcteur d'orthographe ne reconnaît pas ce mot. C'est bien bizarre.
J'écoute une suite de promesses, l'une derrière l'autre, sans cesse, sans donner au spectateur le temps de penser, réfléchir. C'est ça le jeu. Ne pas pousser les gens à réfléchir, à utiliser leur cerveaux. Car si on s'arrêtait un seul instant, alors les ténèbres ne nous apparaîtraient pas si loin. Bien sur que j'exagère, mes amis français, mais cela dit, comment, expliquez le moi s'il vous plaît, on peut écouter des discours qui n'ont pas d'âme qui sont vide ou utopiques, qui ne proposent rien d'autre que réduire quelques impôts et augmenter les salaires, sans que personne leur demande tout simplement: pourriez vous m'expliquer, Mme ou M le future président, où pensez vous de prendre l'argent? Pensez vous par hasard de l'imprimer avec une imprimante laser dernier cri? En ajoutant, tout de suite après: je vous conseille ce modèle. Je l'ai déjà essayé et je vous assure que les billets de 50 euro sortent parfaitement. Et tout cela à gauche comme à droite.
Pourraient ces journalistes leur demander: quelle idée de société avez vous? Ne pensez pas que pour qu'un Pays puisse marcher sur ses propres jambes alors faut-il lui donner les moyens, qui veut dire qu'il faut investir dans l'éducation nationale, l'école, l'université, la recherche? Non pas pour avoir que des diplômés, mais pour avoir des têtes pensants, des gens qui peuvent vivre en utilisant leur liberté de façon critique sans imaginer forcement que l'on vit que pour gagner de l'argent.
Je n'ai entendu un seul mot sur cela. Mais j'ai entendu des gens de gauche écouter la marseillaise, non pas simplement car ils y croient, mais pour ne pas perdre du terrain par rapport à la droite et son populisme toujours bien présent à propos de la sécurité. Ne pensent pas ces candidats qu'on ne peut pas imaginer de militariser un pays pour résoudre les problèmes de délinquance? Mais seulement avec un effort qui démarre de la base de la société grâce à une éducation vraiment diffusée, on peut imaginer de construire un future plus lumineux?
C'est vrai, on demande trop en tant que citoyens pensants. Finalement, on a nos portables, on a la télé, on a Star Académie, et donc que vouloir de plus de la vie?

PS: Dans le numéro du Point du 22 mars 2007, dans son Bloc-notes à la fin du magasine, Bernard -Henri Lévy parle de l'arrestation de Cesare Battisti et il affirme, je cite: «Ainsi donc, c'est quelques semaines avant la présidentielle, et quelques jours avant son départ du ministère de l'Intérieur, que la police de Nicolas Sarkozy a miraculeusement retrouvé la trace de Cesare Battisti. Je n'ai pas envie de redire ici, pour la énième fois, l'horreur que m'inspirent le terrorisme et ceux qui le pratiquent. Mais je veux rappeler, en revanche, à tous ceux que cette opération absurdement électoraliste ne semble pas choquer plus que cela, un certain nombre de vérités élémentaires. Oui, Cesare Battisti vivait, quand cette affaire a commencé, sous la protection de la parole donnée, solennellement, par l'Etat français, aux anciens extrémistes italiens ayant renoncé à la lutte armée. Oui, Cesare Battisti a été condamné, dans son pays, pour des crimes qu'il a toujours niés et sur la seule foi du témoignage d'un repenti, c'est-à-dire d'un criminel achetant sa propre impunité en chargeant l'un de ses anciens complices. Et, oui, le régime italien de la contumace fait que, si le Brésil décide maintenant de l'extrader, Battisti n'aura pas droit à un nouveau procès et filera donc directement à la case prison à vie. Le problème, autrement dit, ce n'est pas seulement Battisti, ce sont les principes. Et ce sont ces principes simples que sont le respect de la parole donnée, la tradition du droit d'asile et le droit, pour chacun, quelque crime qu'on le soupçonne d'avoir commis, à un procès contradictoire où il puisse, une fois au moins, être confronté à ses accusateurs et à ses juges. Ces principes, que l'on y prenne garde, sont constitutifs du pacte républicain ; constitutifs de la morale démocratique ; et constitutifs surtout, depuis des siècles, de cette « identité nationale » dont on reparle beaucoup ces temps-ci - mais sans s'aviser, apparemment, que c'est avec des gestes comme celui-ci qu'elle est le plus insidieusement altérée. »

Cesare Battisti a été condamné pour avoir tué quatre personnes et en avoir blessés plusieurs et tout cela suite à la lutte armée qu'il supportait. Y-a-t-il quelque chose de pire d'un délit, quoi qu'il soit, politique? C'est à dire peut-on accepter que quelqu'un commette un délit suite à la faiblesse de ses idées. Car bien de cela s'agit. Je ne suis pas capable d'affirmer mes idée démocratiquement, donc j'embrasse l'idée que la lutte armée soit la seul réponse qu'il est possible de donner. Ce type de comportement, c'est ce que j'appelle un comportement fasciste.
Battisti a oui renoncé à la lutte armée, mais il l'a jamais renié. Il a toujours nié les actes pour lesquels il a été condamné, c'est vrai. Donc en France personne peut être jugé sauf s'il se déclare coupable?
De quel droit d'asile parle-t-on? Il est poursuivi pour les crimes commis et non pas pour ses idée politiques. C'est lui qui a refusé le contradictoire en prenant la fuite. Personne l'a empêché de se rendre au procès et de se défendre par les moyennes que la loi lui donne.
Un état capable de reconnaître ses propres fautes est simplement un état mure, et qui a élaboré son propre passé et ses propre fautes, s'il en a commis.
C'est un des meilleur exemple que l'état puisse donner à son propre peuple...pour l'aider enfin à retrouver du moins une partie de sa propre identité nationale.

I DS ed il Partito Democratico. Quale identità?


Il più grande partito della sinistra riformista italiana ha i giorni contati. Con l'approvazione della mozione Fassino nei congressi di sezione con oltre il 75% dei voti, i Democratici di Sinistra hanno firmato per la loro dissoluzione, ed il conto alla rovescia per la nascita del Partito Democratico è cominciato.
Il processo sulla nascita di questa futura forza politica continua quotidianamente a tenere alta l'attenzione dei mezzi di informazione con continui interventi da parte non soltanto degli attori propriamente politici, ma anche da parte della società civile che tante speranze ha riposto nel nuovo soggetto politico e che più di tutti cerca di scrutare l'orizzonte al fine di meglio comprenderne la natura e la sua futura evoluzione, ad oggi alquanto enigmatica.
L'aspetto
che più suscita accesi dibattiti è il modus operandi relativo al processo di fusione tra i DS e la Margherita. Qualcuno l'ha definito un processo di “fusione fredda”. Nella cosiddetta società civile, composta da numerosi militanti, si avverte un certo qual senso di delusione, disorientamento, frustrazione in seguito alle prime avvisaglie. La speranza di veder nascere una grande forza politica riformista, espressione diretta delle prime esperienze dell'Ulivo, sta pian piano scomparendo dinanzi ad un approccio puramente politichese, lasciando il campo alla rassegnazione. Dove sono finite, ci si chiede, tutte le energie e le esperienze espresse dai movimenti popolari degli ultimi anni e che tanto avevano contribuito ad immaginare un modo diverso di partecipazione politica, ed alla speranza in un rapporto più limpido tra i rappresentanti del “palazzo” e noi comuni cittadini? Da nessuna parte, sembra essere la risposta. Niente sembra essere rimasto di quell'esperienza e niente, se non gli apparati dei partiti, che hanno sempre guardato con un certo fastidio alle manifestazioni di piazza al di fuori del loro controllo, sembra contribuire, almeno al momento, alla costruzione del PD. Mi propongo di ritornare in un futuro post sulla nascita del nuovo soggetto politico. L'aspetto che ora mi preme di più discutere, sperando nel contributo più ampio possibile, è un altro.
Da tempo, una domanda si ripresenta continuamente e non riesco a scacciarla, se non senza una sensazione di inadeguatezza. Per poter comprendere l'orientamento politico del futuro soggetto politico, è necessario che quello delle due forze costituenti sia ben chiaro e delineato. Ma ciò che continuo a chiedermi con insistenza è quale sia, ad oggi, l'identità politica dei Democratici di Sinistra. Quali battaglie sono state condotte che ci permettono di definire un orientamento politico piuttosto che un altro?
Io purtroppo una risposta non riesco a darla, se non constatando che da tempo i DS hanno deciso di non difendere più con forza e vigore, alzando la voce ogni qual volta lo ritengano necessario, tutta una serie di principi che hanno sempre fatto parte della loro cultura e che ora sembrano, per meri calcoli politici, lasciati cadere nel dimenticatoio. Si sono abbandonate tutta una serie di battaglie che ne hanno minato le basi, assottigliandone sempre più l'elettorato, che si è visto costretto a rivolgersi altrove al fine di vedere riconosciuti e protetti quelli che considera punti fermi delle proprie scelte politiche e che hanno sempre fatto parte dei principi fondanti di una vera forza riformista di sinistra.
Due esempi su tutti: gli scontri seguiti alla presentazione da parte del Governo del disegno di legge sui Dico, e le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni, in seguito alla proposta da parte di due società estere dell'acquisto del 66% delle azioni della compagnia Olimpia che controlla direttamente la Telecom Italia.
La presentazione del disegno di legge sul riconoscimento dei diritti dei conviventi da parte del Governo ha scatenato fortissimi contrasti all'interno della coalizione di centro-sinistra. Non è mia intenzione entrare nel merito di tale disegno di legge. Mi limito ad osservare come vi siano stati scontri anche violenti tra la sinistra radicale e l'ala cattolica della Margherita senza che non vi fosse alcuna presa di posizione forte da parte dei democratici di sinistra. A parte qualche esternazione della sinistra del partito, niente o poco è venuto dalla dirigenza. In maniera molto fiera si è riconosciuto l'importanza di aver trovato una sintesi tra le diverse anime della coalizione, cosa certamente buona e giusta; ma è troppo chiedere ai dirigenti quale sia la loro posizione e quale quella del partito. Ormai, la sintesi è stata trovata. Questo vuol dire che si è preso atto delle posizioni di tutti. Ma ciascun componente della coalizione, seppur ben accettando il compromesso, ha sempre tenuto a sottolineare la propria collocazione in merito, cercando di argomentarla per meglio difenderla dalle posizioni altrui. Ma da parte dei DS nessuna voce si è alzata per difendere una posizione piuttosto che un'altra. Sarà stato per spirito di coalizione? Per evitare che una volta tanto non vi fossero troppe voci a discettare su tutto e tutti? Strano che questo mirabile sforzo sia giunto proprio su un tema tanto importante e delicato che polarizza fortemente le coscienze e l'interesse dei cittadini, che si è ritrovato sotto un fuoco di fila impressionante da parte della Chiesa, e che costituisce una delle ragion d'essere di una forza riformista di sinistra. Io temo, molto più prosaicamente, che si sia scelto di non accentuare lo scontro per evitare un allontanamento di una fetta di elettori che potremmo definire eticamente moderati e che avrebbero potuto risentire di una posizione netta da parte della dirigenza. Certo, bisogna scegliere quali elettori non voler perdere.
Affare Telecom. Sono trascorsi oramai circa quattordici anni dalla discesa in campo di Berlusconi, e da allora, uno dei temi predominanti della diatriba politica è stato il conflitto di interessi incarnato dal leader dell'opposizione. Nonostante il tanto parlarne, ad oggi, niente si è mosso e né si prevede che qualcosa accada prossimamente. Per inciso, la mancata discussione di un disegno di legge che permetta di risolvere il problema costituisce un altro dei temi che potrebbero aiutare a capire l'identità dei DS; ma non voglio uscire fuori traccia, ed allora mi accontento di osservare quanto accaduto in questi ultimi giorni. Dopo discussioni infinite sul pericolo rappresentato dal dominio di Berlusconi in un ambito tanto delicato quale quello delle comunicazioni, da alti dirigenti del partito si è accennato alla possibilità che Berlusconi potrebbe anche fare un offerta e cercare di strappare dalle “grinfie straniere” il controllo della Telecom nel nome dell'italianità dell'azienda.
Innanzitutto, ciò non è attualmente consentito dalla legge Gasparri; poi, mi chiedo come sia possibile, dopo anni di battaglie, sia pure solo a parole e di principi, fare una piroetta su se stessi e riconoscere come valido interlocutore qualcuno che sino a poco fa costituiva un'anomalia ed un pericolo per il sistema radiotelevisivo e quindi per il corretto funzionamento della democrazia italiana.
Ora, se il buongiorno si vede dal mattino, non credo ci sia da stare tranquilli sul futuro partito democratico.
Come sarà possibile coniugare al suo interno il concetto di laicità dello stato se a tutt'oggi non si è capaci di esprimere una posizione unitaria e forte all'interno del partito? Come si riuscirà a confrontarsi con i teodem della Margherita che considerano la laicità dello stato come qualcosa su cui poter discutere e non un principio fondante di una moderna democrazia? Saremo, noi cittadini, costretti, ogni qual volta una tale discussione sarà aperta in seno alla futura dirigenza, ad accontentarci di compromessi al ribasso e che ci allontanano sempre più dagli altri Paesi europei?
Hanno ragione coloro che, con la costruzione del partito democratico, temono la scomparsa, caso unico in Europa, di un solido partito riformista di sinistra?
Io credo che una ragione fondamentale ci sia. Senza la creazione del futuro soggetto politico, sia la Margherita che i DS sono troppo deboli, da soli, per costruire intorno a loro un polo riformista autonomo. Quindi, la fusione dei due partiti è dettata a mio avviso da puri calcoli elettorali. Poiché la politica è fatta di numeri e per governare è necessaria la maggioranza, la suddetta ragione può essere più che sufficiente.
Si vorrebbe soltanto che fra le varie ragioni che di volta in volta sono addotte per giustificare la nascita del PD, venisse anch'essa elencata. Si risparmierebbe in tal modo di far apparire sempre le ragioni degli scettici come un puro tentativo di demonizzazione del futuro soggetto politico.

venerdì 6 aprile 2007

Pourquoi ce blog?



L'idée d'ouvrir ce blog est née après une longue gestation. Depuis long temps désormais, je ressentais, toujours plus forte, l'impulsion de donner lieu à une discussion, le plus possible ouverte à toute contribution constructive, sur l'état de la politique, avec une allusion particulière à la politique des Etats dans le contexte européen.
L'idée est celle de donner la voix à tous ceux qui auront envie, qui désireront essayer de se confronter sur les thèmes de la politique. A entendre non simplement comme actualité politique, ma aussi comme « l'ensemble des fins que l'État vise et des instruments utilisés pour y arriver ». Le titre en haut de la page, « Quale Politica?», (Quelle Politique?), veut renfermer en soi cet aspect double lié et aux événements quotidiens qui marquent la saison politique, et à la vision de la société qui accompagne les idées politiques que chacun de nous a et sans laquelle, à mon avis, la politique se réduit à une pure administration du quotidien sans d'élans constructifs.
De tout cela, je voudrai essayer de discuter avec tous ceux qui auront envie d'intervenir, laisser un message même bref. Essayer de créer un lieu où on puisse se rencontrer, et imaginer d'échanger des opinions, ainsi on le faisait il y a long temps. Je suis persuadé que chacun de nous puisse apporter ses propres expériences, ses propres vécus et ses propres idées à cette discussion commune que je désire ouvrir ici. Et cette discussion sera autant plus enrichie car soutenue, j'espère, par des gens qui vivent par tout en Europe et non, et qui sont porteurs de vécus et d'idées qui ne peuvent pas ne pas ressentir de la réalité et de la culture locale.
Ce ci est le défi majeur que je me propose avec vous: essayer de discuter de politique, en ayant derrière nous des expériences différentes et liées aux endroits où la vie, avec de la joie où de la résignation, nous a conduit.
Avant de terminer cette brève intervention introductive, je tiens à souligner que l'adresse de ce blog, la nuova Europa (la nouvelle Europe), veut rendre un hommage à notre magnifique Europe et à son processus d'unification, que j'ai plusieurs fois défini comme la plus grande révolution politique et culturelle à laquelle nous avons la chance d'assister et qui est en train de changer en profondeur notre vie et celle de nos propres Pays. J'espère qu'un jour, malgré toutes les difficultés que le processus d'unification rencontre et qui continuera à rencontrer, sera vraiment possible pour nous tous de nous sentir citoyens de la commune Maison Européenne, en allant bien au delà de toutes les méfiances et les formes de nationalisme qui à nos jours gouvernent les rapports politiques entre les États.

Perché questo blog?



L'idea di aprire questo blog è nata dopo un lungo periodo di gestazione. Da tempo oramai, sentivo sempre più forte l'impulso di dar luogo ad una discussione, il più possibile aperta ad ogni contributo costruttivo, sullo stato della politica, con particolare riferimento alla politica italiana nel contesto europeo.
L'idea è quella di dare voce non soltanto al sottoscritto, ma soprattutto a tutti coloro che avranno voglia, desidereranno provare a confrontarsi sui temi propri della politica. Intesa non soltanto come attualità politica, ma anche come “l'insieme dei fini cui lo stato tende e degli strumenti impiegati per raggiungerli”.
Il titolo che campeggia in alto alla pagina, “Quale Politica?”, vuole racchiudere in sé questo duplice aspetto legato sia alla quotidianità degli eventi che segnano la stagione politica nostrana e non solo, sia alla visione della società che accompagna le idee politiche che ciascuno di noi ha e senza la quale, a mio parere, la politica si riduce ad una mera amministrazione del quotidiano senza alcuno slancio propositivo.
Di tutto ciò, vorrei provare a discutere con tutti coloro che avranno voglia di intervenire, lasciare un messaggio anche breve. Provare a creare un luogo dove ci si possa incontrare, ed immaginare di scambiare quattro chiacchiere, così come tanto tempo fa si faceva nelle vecchie sezioni di partito.
Credo che ciascuno di noi possa apportare le proprie esperienze, i propri vissuti e le proprie idee al confronto comune che desidero qui aprire. E questo confronto sarà tanto più arricchito perché sostenuto, mi auguro, da persone che vivono nei luoghi più disparati dell'Europa e non solo, e portatrici quindi di vissuti ed idee che certamente non potranno non risentire della specifica realtà e cultura locale.
E' questa la sfida più grande che mi propongo insieme con voi: provare a discutere di politica, avendo alle spalle esperienze diverse e legate ai luoghi in cui la vita, con gioia o con rassegnazione, ci ha di volta in volta condotti.
Prima di chiudere questo breve intervento introduttivo, mi preme sottolineare che l'indirizzo di questo blog vuole rendere omaggio alla nostra magnifica Europa ed al suo processo di unificazione che io ho più volte definito come la più grande rivoluzione politica e culturale alla quale abbiamo la fortuna di assistere e che sta cambiando in profondità la nostra vita e quella dei nostri Paesi. Mi auguro che un giorno, nonostante tutte le difficoltà che il processo di unificazione incontra e continuerà ad incontrare, sia davvero possibile sentirsi tutti cittadini della comune Casa europea, superando tutte quelle diffidenze e quelle forme di nazionalismo che tuttora la fanno da padrone nel confronto politico tra gli Stati.